La prima volta che sono che salita sul treno per Lourdes avevo 4 anni, un’acconciatura strana per tenermi a bada i ricci e la faccia rotonda. Con me c’erano mia mamma e mio fratello.

Non avevo minimamente idea di quello a cui sarei andata in contro, ma quello che posso garantire, a te che stai leggendo, è che fin da subito mi sono sentita bene.

Tutto col gioco, niente per gioco“, dice qualcuno. Ho iniziato un pellegrinaggio parallelo, a misura di bambino, poi le prime esperienze di Servizio fino a spendermi totalmente in quello.

Ma andiamo con ordine. All’età di otto anni sono entrata nei lupetti! Da quell’anno sono sempre andata a Lourdes in uniforme, mi era stato proposto a casa e ho detto “sì”; già allora sentivo lo scautismo come una cosa mia.

Diventando più grande, mi sono resa conto che nell’andare a Lourdes c’era – e c’è – una costante: la serenità, l’essere felici, il mettersi a disposizione senza tener conto della fatica. E poi, là nascono amicizie con basi solide come non mai.

“La linea retta è dell’uomo, la curva appartiene a Dio”.

Ecco, quando vado a Lourdes, è come se quel percorso, tutto tortuoso e a volte in salita, si tramutasse in una strada più lineare; una specie di falsopiano, diciamo così.

Tutto prende un’altra forma: i tuoi problemi quotidiani passano in terzo, quarto piano, e a occupare i primi due piani c’è l’Altro, con i suoi sorrisi e le sue lacrime, siano esse di gioia che di dolore o tristezza.

In sostanza, a Lourdes mi sento a Casa. Quello è un luogo in cui posso essere pienamente me stessa, dove impiego tutte le mie forze e i miei talenti per gli altri. C’è solo un altro contesto in cui mi sento così: negli scout. Quindi la domanda sorge spontanea: perché non mettere insieme le cose?

In realtà, la cosa è nata in modo più graduale. Negli anni di pellegrinaggio, insieme con mio fratello, abbiamo scoperto la realtà dei Foulard Bianchi e ne sono rimasta affascinata!

L’essere scout e servire a Lourdes – e nello stile di Lourdes – sono due tessere fondamentali per quel puzzle che è la mia vita. Ora, non dico che per Servire si debba avere la tutina da supererore, ma in certi casi si sente una forza in più, il non essere da soli. E questo comincia dai tuoi “fratelli” scout che, pur non conoscendoti, ti salutano ogni volta che li incontri: che gioia!

Quest’anno, dopo quattro anni di esperienze di stage, sono tornata a Lourdes con il nostro pellegrinaggio diocesano: è stata un’emozione unica! Mi è stato chiesto di fare servizio coi giovani della Green Car, ragazzi e ragazze dai 12 ai 16 anni che vivono l’esperienza di Lourdes a loro misura. Ero entusiasta! L’esperienza del servizio in Reparto mi ha dato la certezza che con i ragazzi mi trovo bene e… così è stato.

E poi, un grande appuntamento: sono entrata nella Comunità Foulard Bianchi come Novizia. La cosa bella? Alla cerimonia hanno preso parte anche tutti i ragazzi!

Al termine, la piccola chiesa dell’Accueil Marie Saint Frai è stata invasa da un boato da stadio: fino a quel momento erano stati come di marmo e quella gioia è poi esplosa al momento finale. Sono felice che ci siano stati anche loro – fra cui un bel numero di Esploratori, di Guide e di Novizi – perché ho condiviso con loro tutto il pellegrinaggio, anche questo passo importante per me.

Quella sera ero agitata come il giorno della mia Partenza! Sapete qual è stata la cosa più bella di tutte? Quest’anno c’eravamo tutti e quattro: mia mamma (Lourdiana di lungo corso), mio fratello, io e, finalmente, anche il mio papà! Era il suo primo viaggio come barelliere: è incredibile di come le cose si incastrino perfettamente!

Non so dire esattamente cosa sia la “cosa” che mi fa tornare a Lourdes ogni anno, ma posso dire che si torna a casa carichi come non mai, con una prospettiva della vita differente e con un’energia da non riuscire a farti stare seduto lì a guardare! Ancora più del solito.

Chiara
FB Piemonte